Conoscere la sfida
L’osteoporosi è la “ladra di ossa” che in silenzio, negli anni, agisce senza mai dare alcun segnale fino a quando, un giorno, basta un semplice abbraccio per sentire una vertebra fratturarsi. Perché ‘la ladra’ provoca una tale fragilità ossea che, nei casi più gravi, basta davvero poco, pochissimo, per mandare in frantumi una persona.
È la più comune malattia cronica ossea metabolica, può essere presente in tutte le età e colpisce sia gli uomini che le donne anche se sono queste ultime ad essere più colpite, soprattutto dopo la menopausa. È una malattia fortemente invalidante, responsabile di milioni di fratture ogni anno e, indirettamente, quindi anche di disabilità. Perché quando si è anziani una frattura del femore può davvero compromettere la qualità di vita ed essere un enorme ostacolo da superare.
La sfida delle persone con osteoporosi è fermare la corsa della ‘ladra di ossa’, grazie ad una diagnosi precoce e a terapie mirate, prima che si verifichino le fratture. Prima che la fragilità mandi in mille pezzi la qualità di vita.
L’osteoporosi si manifesta spesso dopo i 50 anni con incidenza doppia per le donne rispetto agli uomini, ma può manifestarsi anche negli adolescenti: in quest'ultimi in genere è strettamente correlata ai disturbi alimentari.
È la più comune malattia cronica ossea metabolica. È caratterizzata da un’elevata fragilità ossea ed è legata a vari fattori tra cui la menopausa e l’invecchiamento. È una malattia dello scheletro caratterizzata da una riduzione della resistenza ossea, che rende più frequente il rischio di frattura. La resistenza ossea dipende da due fattori principali: la densità minerale ossea (BMD) e la qualità dell’osso. Sono diversi i fattori che possono incidere sulla resistenza ossea e, silenziosamente negli anni, farla diminuire fino a provocare una vera e propria fragilità.
L’osteoporosi è presente in tutte le fasce di età, genere e razza, anche se è più comune negli anziani e nelle donne. È una malattia dai grandi numeri, soprattutto a causa dell’invecchiamento della popolazione. Attualmente, si stima che siano oltre 200 milioni le persone con osteoporosi nel mondo, delle quali circa 4 milioni in Italia (over 50).
È una malattia invalidante che incide profondamente sulla qualità di vita. Basti pensare che, nel mondo, provoca oltre 8,9 milioni di fratture all’anno, una ogni 3 secondi.
L’osteoporosi viene definita una “ladra silenziosa di ossa” perché non manifesta sintomi evidenti, a volte c’è solo un po’ di dolore, fino a quando non si verifica una frattura a seguito di un movimento anche banale, come sollevare una busta della spesa, prendere un bimbo in braccio o ricevere un abbraccio più energico. Inoltre, le fratture osteoporotiche, soprattutto nel sesso maschile, sono associate ad una percentuale elevata di mortalità.
L’osteoporosi non ha cause ben precise e identificabili, quindi conoscere i fattori di rischio per l’osteoporosi è importante, sia perché su alcuni si può intervenire, sia perché in presenza di un rischio elevato il medico potrà consigliare indagini specifiche per valutare meglio la situazione.
Le principali cause correlati all’osteoporosi sono:
● Età
● Sesso femminile
● Basso indice di massa corporea
● Pregressa frattura da fragilità (in particolare vertebre, comprese le fratture morfometriche, polso, femore e omero)
● Familiarità per frattura di femore/vertebre
● Fumo
● Alcool
● Carenza di vitamina D
● Menopausa prima dei 45 anni
● Ridotta attività fisica
● Immobilizzazione protratta
● Malattie associate ad osteoporosi
● Trapianti
● Ridotto introito di calcio
● Eccessivo introito di sale (sodio)
● Alcuni farmaci. In particolare: steroidi, terapie di blocco ormonale adiuvante (inibitori dell’aromatasi nelle donne operate per carcinoma della mammella, agonisti del GnRH negli uomini con carcinoma prostatico), Inibititori selettivi del re-uptake della serotonina e Inibitori di pompa.
L’osteoporosi è una patologia che non dà particolari sintomi o campanelli d’allarme. È, quindi, importante tenerla sotto controllo per avere una diagnosi più precoce possibile in modo da rallentarne la corsa. Spesso, purtroppo, ci si rende conto della fragilità ossea in occasione di una frattura.
Ci sono diversi parametri da tenere in considerazione per arrivare ad una diagnosi, in particolare il valore della densità minerale ossea (BMD) e per questo si ricorre alla densitometria ossea (DXA, detta più comunemente MOC), un esame non invasivo. Oltre alla DXA ci sono altre due tecniche di valutazione della massa ossea: l’Indagine ultrasonografica e la Tomografia computerizzata quantitativa (QTC) che, però, non ha ancora sufficienti documentazioni in termini di predittività del rischio di frattura perciò il suo utilizzo diagnostico non è giustificato.
Per combattere l’osteoporosi è fondamentale adottare una strategia personalizzata, per individuare il più precocemente possibile le persone a rischio di fratture e quindi intervenire in modo adeguato.
Il trattamento non farmacologico dell’Osteoporosi prevede, oltre all’attività fisica, un adeguato apporto di calcio e vitamina D: due elementi comunque indispensabili anche se si segue un trattamento farmacologico specifico, in quanto la carenza di calcio e/o vitamina D è la causa più comune di mancata risposta alla terapia farmacologica dell’osteoporosi.
L’incidenza di mancanza di vitamina D (ipovitaminosi) non è rara in Italia, anzi è piuttosto diffusa, specie in età avanzata. E questo perché solo il 20% del fabbisogno di vitamina D deriva dall’alimentazione; la componente principale deriva dall’ esposizione solare ai raggi UVB (sintesi endogena a livello cutaneo). Per questo è importante, con l’età, integrare la dieta con vitamina D. Se poi è associata ad un corretto introito di calcio potrebbe rivelarsi addirittura una strategia utile per prevenire l’osteoporosi.
Le terapie per l’osteoporosi riducono le fratture e questo è un aspetto davvero importante.
I Bisfosfonati rappresentano uno dei cardini della terapia farmacologica. Le più recenti linee guida confermano che che bifosfonati, anticorpi monoclonali umani diretti contro il RANKL e gli analoghi sintetici dell’ormone paratiroideo, riducono le fratture non vertebrali e le fratture vertebrali cliniche e radiografiche. I modulatori selettivi del recettore estrogenico (SERMs) sono efficaci nel ridurre le fratture vertebrali.
Bisfosfonati e anticorpi monoclonali umani diretti contro il RANKL riducono anche il rischio di fratture dell’anca.
E’ stato recentemente introdotto un anticorpo monoclonale umanizzato che si lega alla sclerostina,inibendola. Questo comporta un aumento della formazione ossea – aumentando la produzione di matrice ossea da parte degli osteoblasti – e il reclutamento di cellule osteoprogenitrici.
Contemporaneamente, questo anticorpo monoclonale umanizzato altera l’espressione dei mediatori osteoclastici, riducendo il riassorbimento osseo. Complessivamente, questo duplice effetto di aumento della formazione ossea e riduzione del riassorbimento osseo comporta rapidi aumenti nella massa ossea trabecolare e corticale, con miglioramenti nella struttura e nella resistenza dell’osso.
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